Finanza

giovedì 28 giugno 2012

Cosa dovremmo fare: lavoro










La repubblica italiana è fondata sul lavoro. Come buona parte della nostra costituzione un'articolo da eliminare. Una repubblica è basata sulla libertà, sulla sovranità popolare, sulla democrazia, ma "sul lavoro" non ha concettualmente senso. E' stata  fatta nel 1948 e si vede. Partiamo da un principio: il lavoro non è un diritto, è un diritto avere regole che tutelino lo svolgimento e i comportamenti riguardante il lavoro, ma esistono tanti lavoratori in funzione di quante imprese si hanno. Se un paese ha poche imprese (vedi grecia) non si ha lavoro. Sostenere che è un diritto è un semplice slogan populista. Nella realtà nessuno può essere obbligato ad assumere qualcun altro. Affinchè si crei richiesta di lavoro si deve mettere il sistema nelle condizioni di facilitare la creazione e lo sviluppo di imprese e deve rendere conveniente assumere lavoratori. 
Perchè i dipendenti pubblici possono lavorare meno ore rispetto ai dipendenti privati ? Non è equo ed è un costo insostenibile che pagano tutti gli italiani per il privilegio di una parte. Inoltre dovremmo programmare, negli anni, una riduzione di quasi 1.000.000 di dipendenti pubblici. Programmare significa, comunicare i tempi e le modalità, programmare la riqualificazione del personale e l'eventuale redistribuzione del personale con facilitazione per chi lo dovesse assumere. 
Credo che il metodo anglosassone sia il migliore in fatto di flessibilità e di adeguatezza alla situazione economica attuale. E' facile essere licenziati ? Certo, ma è facile anche trovare un lavoro. Da noi è difficile licenziare, ma praticamente impossibile trovare lavoro alle condizioni praticate e con le regole esistenti. Ricordo un lavoratore di Detroit intervistato dalla trasmissione di Santoro che alla domanda della giornalista italiana riguardo al fatto che potessero licenziarlo in ogni momento, quando l'azienda lo avesse deciso, lui rispose semplicemente:  anch'io posso andarmene in ogni momento, quando voglio. Il concetto di reciprocità, un approccio mentale impensabile per la mentalità italiana. La stessa che penalizza le riforme vere e la capacità di attrarre capitali.  Non cambia la situazione la riforma Fornero. I contributi sono un'esagerazione insostenibile da imprese e lavoratori, La differenza tra lordo e netto è una forbice eccessiva che punisce e favorisce il lavoro in nero. Anche i lavoratori sanno, ormai, che i contributi sono inutili ai fini della loro pensione. Non avranno i benefici della generazione precedente. Dovrebbe essere eliminato il sostituto d'imposto. Metodo anacronistico e fuorviante.
L'ultima sentenza sul reintegro dei lavoratori della Fiat terrà ancora più lontano le aziende straniere dall'Italia, probabilmente, in primis, la stessa fiat. Giustizia e cultura sono due facce della stessa medaglia. Una medaglia inadeguata.

Cosa dovremmo fare: meno stato + competitività

In pratica, Monti ha sbagliato nel metodo e nella sostanza. Prima di tutto avrebbe dovuto partire direttamente dalla spesa pubblica, anzichè dalle tasse già decisamente elevate in Italia. Avrebbe dovuto pianificare e comunicare al mondo intero e all'Italia, soprattutto, che si dovevano fare tagli di spesa (di privilegi, di sprechi, di favori etc.) compresi tra i 100 e i 200 miliardi di euro. Questo era necessario fin da subito. Questo era ciò che serviva per salvarci. Questo avrebbe consentito di ridurre velocemente le tasse sulle imprese per favorire sviluppo e ripresa. Avremmo dovuto liberare l'economia dallo stato. Lo stato deve imporre regole da far rispettare, ma non deve essere parte attiva nel fare economia. Indirizzare attraverso una politica economica statale, non significa poi condurre aziende e inserire lo stato e i suoi enti in qualsiasi pratica economica. Questo è frutto di corruzione, di favori di limitazione dei talenti e di incapacità di competere sui mercati, di stimolo alle imprese.
Se Monti avesse avuto i famosi attributi ciò che oggi vorrebbe dire alla Merkel sull'onda della disperazione, avrebbe dovuto dirlo a dicembre ai partiti. Avrebbe dovuto metterli con le spalle al muro minacciando di lasciare se non si fossero potuti fare i tagli fondamentali. Vendendo anche le partecipazioni statali nelle aziende come eni, enel, finmeccanica. Senza prendere la scusa dei prezzi bassi. Quando si deve vendere si vende, quando si deve portare avanti una strategia si porta avanti senza tante paranoie. Ma per fare tutto questo si deve avere personalità, vision, progettualità, strategie chiare.
In Germania è stato fatto esattamente questo. Hanno diminuito la spesa pubblica, l'hanno ottimizzata spendendo dove vi fosse la possibilità di ottenere un valore aggiunto. Hanno diminuito di 10 punti le tasse rispetto ai primi anni 2000. Hanno spostato le risorse dalla domanda interna (consumi) alle imprese. Già perchè se non funzionano le imprese non vi è economia. In questo modo le imprese sono diventate sempre più competitive facendo diventare la Germania il secondo esportatore al mondo.
E' chiaro che questa impostazione richiede un cambiamento culturale e della forma mentis degli italiani. Si è sempre abituati a chiedere allo stato, a pensare che lo stato debba fare. Oggi e, soprattutto, domani dovremo lavorare con meno stato. Lo stato deve semplicemente mettere nelle condizioni di poter operare con poche regole chiare e con meno vincoli. Pochi favori e privilegi e più responsabilità e imprenditorialità per imprese e lavoratori.   

Banca Mps e la comunicazione italiana







Ancora una volta dobbiamo denunciare una comunicazione da stato di polizia come sempre avviene in Italia. Se si leggono i giornali stranieri si trovano notizie e numeri che stranamente in Italia i nostri media non raccontano. Per mesi abbiamo trovato articoli che raccontavano di una Banca Mps con problemi, ma non preoccupanti. Anzi, nel mese scorso qualcuno diceva che non avrebbero avuto bisogno nemmeno di un aumento di capitale. Il piano studiato non poneva eccessivi problemi. Insomma niente di catastrofico. Inoltre, all'inizio anno riferendosi al 2011 nessuno faceva notare dati di bilancio a dir poco deficitari. Si restava abbastanza stupiti leggendo, ad esempio, sul Financial Times ancora tre mesi or sono che secondo il quotidiano inglese e secondo l'autorità bancaria europea banca Mps era tecnicamente fallita e avrebbe avuto bisogno di essere salvata dallo stato. Ovviamente si poteva pensare da tipici italiani al solito complotto straniero contro di noi o alla speculazione contro il nostro sistema. Guai a dire che una delle nostre banche , la terza per esattezza, era quasi fallita. 
Inconcepibile, ancora oggi in Italia si dice che le nostre banche sono le migliori. Eppure abbiamo dovuto   appurare che le indiscrezioni del FT erano più che veritiere. Prima, hanno dovuto ammettere che Mps aveva una perdita di circa 8 miliardi di euro e poi, nei giorni scorsi, si è appreso che lo stato dovrà salvare Mps dando dai 3 ai 4 miliardi di euro all'istituto per evitarne il fallimento. Ma come ? Le nostre banche non sono le migliori del mondo ? Ovviamente paghiamo noi. E probabilmente Monti lo sapeva benissimo visto che nel decreto di dicembre aveva immesso una clausola per cui lo stato si obbligava a salvare gli istituti bancari. Una casualità, chiaramente.

giovedì 21 giugno 2012

LA FRANCIA FARA' CROLLARE L'EUROPA:


La Francia è un anello importante dell'Europa, ma debole, non forte come si crede. I cugini sono sempre stati specializzati nel vendersi meglio di ciò che erano. 
Il mondo è catalizzato dai PIIGS e su Spagna  e Italia in particolare. Questo sta facendo perdere di vista la reale situazione francese ed i pericolosi squilibri in essere che potrebbero essere la vera mina vagante che potrebbe far cadere il castello di cristallo europeo. Lo spread con la Germani quota un basso 1,02. In pratica il mercato non ha ancora scontato il pericolo Francia. 
Anche a livello di rating le agenzie non hanno espresso un rating che rispecchi la realtà francese. 
Ma veniamo ai motivi per cui la i transalpini potrebbero costituire un problema. 
  • Prima di tutto si credono come la Germania, anzi probabilmente meglio della Germania, ma non lo sono. Non lo sono per mentalità,  per cultura e per forza economica .
  • Secondariamente i loro numeri fanno acqua: debito pubblico ormai al 90% del PIL, recessione in atto con un'economia in difficoltà.
  • Il loro rapporto deficit/PIL è pari al 5% e probabilmente come più analisi dimostrano non calerà quest'anno e nemmeno l'anno prossimo. Quindi il debito pubblico dovrebbe continuare ad aumentare.
  • Una continua perdita di competitività che sta facendo diminuire sensibilmente le esportazioni. Nel 2011 il calo  in cina e negli Usa  è stato notevole. Il saldo commerciale francese è ammontato nel 2011 a - 70,6 miliardi. Nel 2012 non sta certo migliorando, anzi è in continuo aumento. Ad aprile è aumentato di altri 200 milioni di euro rispetto al mese precedente. 
  • Una cultura statalista deleteria nel mondo di oggi che rende difficile l'essere competitivi sui mercati mondiali. Uno stato costoso difficilmente modificabile ed un popolo incapace di accettare un indebolimento delle funzioni dello stato a livello interno ed incapace di veder ridotta la propria autonomia e la propria sovranità a favore di un'unità europea più incisiva.
  • La Francia rifiuterà qualsiasi unità centrale europea che possa sovrapporsi o sostituirsi allo stato francese. Sarebbe considerato un affronto inaccettabile. 
  • Una necessità di effettuare riforme che sono contro la mentalità dei francesi e che rappresentano un muro da abbattere. Ben difficilmente riusciranno nei tempi e con le modalità adeguate a stravolgere il loro sistema per poter essere protagonisti nel mondo anche in futuro. Sono già in ritardo. Hollande che riporta le pensioni a 60 anni è un esempio che il salto culturale è ben lungi dall'essere affrontato. 
Praticamente, la Francia è un paese importante e cruciale in Europa che prima o poi pagherà dazio. Come al solito si griderà alla speculazione, ma la realtà è ben visibile già oggi. Quando questo accadrà, l'Europa così come quella attuale sarà giunta alla fine. A volte, però, ci sono anche i miracoli. E allora speriamo, non ci costa niente.

LA GERMANIA HA RAGIONE, SIAMO I SOLITI FURBETTI

                                               

La Germania ha ragione, qulcuno vuole fare il furbo. Questa è la dura realtà.    
L'immagine apparsa sul Bild con la scritta significativa: "questi cinque uomini vogliono i nostri soldi" è la dimostrazione di quanto lecitamente pensano i tedeschi e di quanto la realtà sia differente dai racconti dei media. La realtà è che ci vogliamo rifiutare di pagare i debiti. 
Il debito pubblico l'abbiamo creato noi, è solo colpa nostra di nessun altro. Anzi, siamo peggio di quel che pensiamo perchè il nostro debito continua ad aumentare giornalmente. Proprio mentre governa il genio Monti il debito macina record mai visti. Tradotto: gli italiani non si prendono le proprie responsabilità e non vogliono pagare i propri debiti, preferiscono (tipico) trovare un colpevole esterno. Gli altri (nord europa) fanno sacrifici, hanno conseguito (Germania) con determinazione il pareggio di bilancio o hanno un debito pubblico quasi inesistente, mentre noi, intanto, pensavamo che lo stato fosse un'entità astratta: "tanto il debito è dello stato, non può fallire" ed il nostro debito aumentava con sprechi, privilegi assurdi, stato sociale (cassa integrazione per anni senza limiti, pensioni a chi non ha versato nulla o pensioni spropositate rispetto ai versamenti effettuati, garantismi assurdi ai quli non si vuole rinunciare etc. ) insostenibile, corruzione, burocrazia, tangenti, giustizia strapagata, inefficiente e con una produttività ridicola.
I debiti li pagheremo noi, non ce li pagherà nessuno. Mettiamocelo in testa. Il rischio tedesco è dato dai soldi che ha prestato ai PIIGS (680 miliardi privi di interessi). Le tanto famigerate esportazioni che perderebbe la Germania con un' uscita dall'Europa, con il rifiuto di aiutare i paesi del sud-europa  sono pari solo all'11% delle esportazioni tedesche. Questa è la percentuale che la Germania esporta in Portogallo, Grecia, Italia e Spagna. La Germani ha capito che quei 680 miliardi sono stati spesi male. Nessun miglioramento e nessun cambiamento nella gestione dei paesi è avvenuto se non per l'Irlanda, unica ad aver cambiato fortemente rotta rispetto alla gestione pre-crisi. 
Facciamo ciò che serve per pagare i nostri debiti, invece di cercare un colpevole e di fare i soliti italiani. Facciamo un progetto serio e credibile e ristrutturiamo ufficialmente il nostro debito.
Vorrei ricordare che la mitica Francia è fallita 8 volte, la Spagna 8 volte, l'Inghilterra 4 volte, la Germania 2.
Nessuno ha mai pagato i debiti. Ed il nostro destino è già segnato. Un lunga agonia. 
A breve pubblicherò alcune analisi fatte da Fmi, Goldman sachs e Carnegie sul futuro che aspetta il mondo e l'Italia che dimostrano che la strada è stata imboccata.

   

domenica 17 giugno 2012

LA DIFFERENZA TRA EUROPA ED INGHILTERRA



Come spesso accade dobbiamo notare la differenza tra i comportamenti anglosassoni e la vecchia Europa keynesiana legata a ricette e filosofie oramai superate dai fatti. 
Già nel recente passato Cameron aveva scelto di comunicare la realtà della situazione economico sociale del suo paese e del mondo intervenendo in modo incisivo e senza tentennamenti sulla spesa pubblica e sulla flessibilità del lavoro per poter ridurre le tasse e consentire alla propria economia, alle proprie aziende di essere competitive. Soprattutto per attrarre capitali. 
Esattamente l'opposto di quanto fatto dai nostri governi e dal nostro genio che risponde al nome di Monti, il quale, ha scelto esclusivamente di aumentare le tasse deteriorando ulteriormente l'economia e privandola di capitali importanti e indispensabili che, grazie a lui, si sono diretti verso lidi migliori. 

Come se non bastasse, a conferma della differente mentalità, arriva l'annuncio dell'accordo tra governo inglese e Boe (banca centrale inglese) per aiutare l'economia inglese. L'aiuto consiste nell'immissione di nuova liquidità, pari a 100 miliardi di sterline da destinare esclusivamente a famiglie e imprese.
La grande differenza rispetto alla liquidità consegnata alle nostre banche dalla Bce è data dal fatto che questi 100 miliardi dovranno obbligatoriamente essere trasferiti a famiglie e imprese. Sarà vietato alle banche farne un uso diverso da quanto stabilito dall'accordo tra governo e Boe. In pratica le banche servono solo da tramite. 
Un bell'esempio di cosa significhi far qualcosa per risollevare l'economia di un paese. In Europa, la liquidità regalata alle banche è stata solo una partita di giro per consentire di coprire qualche scheletro delle banche e per comprare debito pubblico statale. E' questione di scelte......e di cultura.

giovedì 14 giugno 2012

L'INCERTEZZA: UN VALORE PER L'EVOLUZIONE



L'incertezza è un valore fondamentale dell'uomo. La sua capacità di evolversi e di migliorarsi dipende in buona parte dall'essere sempre stimolato e dall'essere proiettato in avanti verso obiettivi da raggiungere e sui quali adoperarsi per realizzarli. Per troppo tempo si è penalizzata l'incertezza. Per troppo tempo si è divulgata l'idea che la certezza  rendesse l'uomo migliore. Non credo che lo sia. Tale sentimento si traduce nella richiesta di diritti inesistenti e irreali, ma che si pensa siano dovuti. I risultati di questa cultura li stiamo vedendo oggi: l'incapacità di adattarsi e di restare al passo con il cambiamento epocale e irreversibile che stiamo vivendo. Il limite di non riuscire ad immedesimarsi nell'elemento principale da modificare: noi stessi e il nostro modo di pensare. La gente vorrebbe che cambiasse il contorno esterno pro domo suo, per consentirgli di mantenere inalterato il proprio quotidiano. In modo da non esserne troppo disturbato. In modo da evitare un cambiamento necessario. Di mentalità prima di tutto.
Quindi ci si lamenta. Tutti vorrebbero che qualcun altro facesse qualcosa per tornare ai fasti precedenti. In pochi pensano che i primi a dover fare qualcosa siamo noi. 
Questo è l'effetto di oggi, la certezza (effimera) inculcata come valore assoluto e come diritto acquisito ed irrinunciabile. Questo è un grande limite italiano, un limite che ci porta ad affrontare i problemi quando sono quasi irrecuperabili. Nell'incertezza, invece, si è più attenti, più adattabili e più lungimiranti. Si è più portati a prevenire, a considerare gli effetti negativi possibili di ogni azione. Ma soprattutto, ti insegna che non esistono privilegi per diritto; qualsiasi cosa è, e deve essere, una conquista che richiede sacrifici. Se poi qualcuno ti aiuta, tanto meglio. Ma prima cambiamo noi stessi. Impariamo a metterci in gioco, a rischiare. Per ottenere dei risultati si deve sempre accettare qualche rischio. Senza rischi vi è la pura illusione; e prima o poi lo si dovrà pagare. L'Italia raccoglie il risultato di una società improntata sull'avere quasi tutto senza che in qualche modo si dovesse sacrificare qualcosa. Abbiamo sempre avuto qualcuno pronto a giurare che nessun sacrificio dovesse essere chiesto alla gente e alla categoria. L'enorme debito pubblico è la conseguenza dei mancati sacrifici. La politica l'ha messo in atto, ma gli italiani ci hanno voluto credere. E ci credono ancora, questo è il dramma. Diamoci una mossa invece di lamentarci. 

martedì 12 giugno 2012

BANCA NETWORK: BLOCCO DEI C/C E NON NE PARLANO

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Ancora una volta è successo.  Con una decisione improvvisa di Banca d'Italia i correntisti di Banca Network si sono ritrovati, senza preavviso, con i conti correnti ed il bancomat bloccati. Lo hanno deciso Giuseppe Bonsignore e Raffaele Lener, in qualità di commissari straordinari nominati da BankitaliaCerto si sapeva delle difficoltà dell'istituto, ma come sempre si preferiva invitare alla calma e si invitava ad evitare eccessi di allarmismo. Si sta lavorando per trovare una soluzione adeguata. Tranquilli. In effetti, le voci alludevano a trattative per un passaggio di consegne ad un acquirente che evidentemente era solo nelle favole dei commissari. 
Quindi, vi sarà la richiesta al fondo di garanzia. Ma per liquidare le posizioni ci vorranno tempi biblici e, come successo in altri casi, probabilmente, i soldi non si recupereranno mai. Non tutti perlomeno. 

La tattica è sempre la stessa. Sostenere le speranze dei risparmiatori affinchè si abituino all'idea di non vedere più un quattrino. Questo grazie all'assuefazione e al logorio psicofisico che ne consegue.

Un'altra storia tipicamente italiana. Nascondere fino all'ultimo. Sempre. Negando l'evidenza. Siamo solo all'inizio, ne racconteremo sicuramente altre.       

mercoledì 6 giugno 2012

LA PROPOSTA DELL'EUROPA DOPO AVER SPESO 4.500 MILIARDI PER LE BANCHE

Il commissario Ue Michel Barnier per il mercato unico sostiene che negli anni della crisi (DAL 2008 AL 2011) l'Europa abbia speso ben 4.500 miliardi di euro per salvare le banche. Sostiene, inoltre, che non è possibile continuare a salvarle esprimendo un diniego nei confronti della richiesta di salvataggio formulata dalla Spagna per  l'impossibilità di accedere al mercato dei capitali. Secondo il commissario non è più possibile salvare le banche attraverso il fondo salva stati. 

La proposta presentata oggi dalla commissione europea comporta una governance centralizzata e l'impossibilità di pagare i debiti delle banche con soldi dei contribuenti. 
L'idea, se approvata, è quella di permettere alle autorità nazionali di intervenire in anticipo in caso di carenza nella solvibilità bancaria sostituendo la gestione e i membri del consiglio di amministrazione e facendo pagare i debiti ai creditori, obbligazionisti e azionisti della banca stessa. 

In pratica, data la situazione di difficoltà del sistema bancario, con questa norma sarebbe sconsigliabile (lo stiamo dicendo da quasi 2 anni) sottoscrivere obbligazioni e azioni delle banche europee.



martedì 5 giugno 2012

I MERCATI NEI PROSSIMI MESI

E' sempre difficile riuscire a capire come si muoveranno i mercati. Ed ancora più difficile è differenziare tra breve e medio-lungo periodo. Partiamo da alcune certezze.
I mercati si trovano all'interno di quello che viene definto "secular bear market" iniziato nel 2001, dovrebbe vedere la sua fine nel 2015 circa. Dovrebbe, poichè molti analisti considerano talmente fuori dalla norma la crisi  iniziata nel 2008-2009 da ritenere che i suoi effetti si faranno sentire fno al 2020. Partendo da questo presupposto dobbiamo chiarire che quando si verificano dei periodi di crescita, tale crescita non corrisponde   al trend principale, ma a dei rimbalzi. A volte con variazioni percentuali importanti, a volte la durata può trarre in inganno, ma di rimbalzi si trattano. I fatti lo dimostrano: chi avesse investito nell'azionario dei paesi sviluppati nel 2000 oggi si troverebbe in perdita.
Detto questo, si può pensare che in mancanza di traumi particolari (da non escludere) entro un paio di mesi il mercato potrebbe aver finito la sua corsa al ribasso iniziata a fine marzo ed iniziare un rimbalzo anche consistente. Quanto è accaduto negli ultimi 4 mesi è in linea con il normale svolgimento dei mercati: borse al ribasso con inclinazioni grafiche importanti e corsi del mercato obbligazionario al rialzo. Questo trend potrebbe anche invertire la direzione. La durata di tale rimbalzo, a mio parere, non sarà lunga. Pensiamo che non andrà oltre fine anno. Per chi dovesse entrare in borsa scommettendo sugli indici direi di attendere i primi segnali di inversione dei mercati. Oggi potremmo avere ancora perdite consistenti. 
Questa inversione nel breve potrebbe essere anche facilitata, come ci insegna la storia, dal fatto che a novembre si svolgeranno le elezioni americane. Normalmente non si arriva alle elezioni Usa con un mercato in fase ribassista. Le elezioni sono viste come un fattore positivo, come se sprigionassero nuova linfa vitale che si ripercuote sulle borse.
L'oro è sempre oro. Dopo uno storno importante resta sempre aperta l'opzione del suo acquisto come bene rifugio. E' destinato a crescere nuovamente. Ci sono dei buoni ETC e per chi volesse l'oro fisico basta andare in svizzera in modo regolare e si può tranquillamente acquistare il famoso lingotto senza problemi. Depositandolo nella stessa banca nella quale si acquista.
La situazione dell'euro resta sempre la stessa. E' una moneta a rischio. I capitali in fuga dall'Italia si rivolgono ad altri paesi, ma, soprattutto, ad altre valute. L'idea è sempre quella: diversificare verso le 5 monete più sicure del momento. Dollaro canadese, Dollaro americano, Dollaro australiano, Corona norvegese, Corona svedese, Franco Svizzero.

Ufficio studi

venerdì 1 giugno 2012

SE LA GERMANIA USCISSE DALL'EURO

Negli ultimi giorni si vocifera di un progetto tedesco per uscire unilateralmente dall'euro. La decisione, forse, sarebbe unilaterale, ma, probabilmente, sarebbe seguita da Olanda e Finlandia. 
Effettivamente l'informazione nostrana continua a voler dimostrare come la Germania avrebbe tutto da perdere da un'eventuale abbandono dall'euro e tutto da guadagnare nel rimanerci. In fondo, si dice, chi ha beneficiato di più dall'unione è stata proprio la Germania. 
In effetti dobbiamo precisare meglio alcuni aspetti. Andiamo per ordine.
La Germania ha beneficiato dell'unione per il semplice fatto che meglio di altri ha saputo trasformarsi in relazione al nuovo assetto internazionale creato. Ha diminuito la spesa pubblica ed ha diminuito le tasse per meglio sfruttare le opportunità del mercato. Ha spostato risorse dal privato, dal pubblico, all'azienda intesa come risorsa per l'economia e per la creazione di posti di lavoro. Altri paesi, hanno vissuto di rendita pensando che niente cambiasse. Ed hanno beneficiato del basso costo del denaro senza pensare che era una cambiale aperta da saldare. 
Oggi la situazione è ben diversa da quando iniziò l'era della moneta unica. La Germania è diventata, grazie alla sua lungimirante politica, il primo esportatore al mondo. Il suo sviluppo è stato verso i paesi Bric (brasile, russia, india, cina). Ha capito prima di altri ( in italia parliamo ancora di delocalizzaione del lavoro) che la crescita dei paesi Bric avrebbe voluto dire consumatori ai quali vendere prodotti tedeschi. 
Quindi, se oggi la Germania insieme all'Olanda e alla Finlandia uscissero dall'euro resterebbero paesi forti che poco risentirebbero da questa soluzione. Al contrario il resto dell'Europa si disgregherebbe per mancanza del paese guida, del paese garante e forte economicamente. La Francia non sarebbe in grado di sostituire il leader europeo attuale. 
In pratica, non stupisce che la Germania stia seriamente pensando ad una tale eventualità. Anche perchè il popolo tedesco nella sua maggioranza vorrebbe l'uscita della Germania dall'euro e dai paesi del sud-europa che considerano pura zavorra. Non vogliono spendere un euro per salvare gli indebitati. E magari la Merkel con questa mossa potrebbe rivincere le elezioni. Chissà.

PER LA GRECIA E' MEGLIO TORNARE ALLA DRACMA

Il premio nobel dell'economia, ma non solo lui, sostiene che per la Grecia ed il suo popolo sarebbe meglio uscire dall'euro e non pagare i debiti. 
I greci hanno un fardello troppo grande ed il piano di austerity sarebbe un'agonia infinita che non gioverebbe al popolo greco. Se invece si decidesse ad uscire dall'Euro si troverebbe ad affrontare alcuni mesi di criticità, ma poi con la gestione autonoma della Dracma potrebbe diventare più competitivo consentendo di ripartire all'economia dando la possibilità alla nazione di rialzarsi. La paura è che questa situazione possa convincere anche altri paesi europei a fare lo stesso tornando alla propria moneta e  decretando la fine della moneta unica e dell'euro. 
L'ultimo sondaggio, in contrasto con i sondaggi emersi fino ad oggi, per le elezioni in Grecia del 17 giugno vedrebbe in vantaggio l'estrema sinistra anti-euro. Questo costituirebbe un problema per la permanenza del paese all'interno della moneta unica ed un viatico importante per non accettare il programma di austerity vincolante disposto dalle autorità europee. 
Ci sono probabilità che alla fine la Grecia possa uscire dall'euro. Qualsiasi alternativa sarà, semplicemente, un allungamento dell'agonia ed un allungamento della sofferenza del popolo greco. 

FUGA DI CAPITALI DALL'ITALIA

Il patetico governo Monti non fa altro che parlare di lotta all'evasione fiscale come soluzione al quasi fallimento italiano nessuno si cura di raccontare i danni che sta provocando all'Italia, alla sua economia e alle sue aziende. La notizia ufficiale proveniente da Banca Italia è la fuga di capitali regolari, non in nero, pari alla cifra di 274 miliardi negli ultimi mesi. 274 miliardi che vanno all'estero, nei paesi sicuri, democratici. Nei paesi nei quali si può fare azienda in modo regolare senza essere vessati. Tasse giuste e servizi adeguati. Quindi, risorse, investimenti che se ne vanno dal nostro paese. La causa è il nostro stato, lo stato di polizia in cui viviamo, il clima di terrore instaurato come se si fosse tutti delinquenti in cambio di niente. Chi semina raccoglie ed il nostro governo raccoglie ciò che ha seminato e che continua a seminare.

Non sono solo i soldi ad andarsene, ma anche le aziende vanno oltre confine. Il nostro stesso studio riceve continuamente richieste di questo titpo. La domanda è, a malincuore, di uscire dall'Italia. Soldi, aziende, investimenti.
Tutto è meglio altrove dove offrono tasse adeguate, servizi efficienti e possibilità di crescita. In Svizzera (non nei paesi bric) dalla Lombardia si sono già spostate 300 aziende. E lo stesso avviene in Austria dove dal Veneto molte aziende hanno deciso di trasferirsi.  

Se ce ne fosse stato ancora bisogno questi dati costituiscono una prova certa che il governo che ci sta guidando sbaglia e deve andarsene. L'Italia ha solo le aziende ed il proprio artigianato d'eccellenza. Senza questo patrimonio siamo destinati a scomparire. Noi non abbiamo materie prime. 

US MARKET FUNDS -63%

Dj eurostoxx banche
Gli US Market Funds hanno ridotto nell'ultimo anno del 63% l'esposizione sulle banche europee e dichiarano di continuare questo trend anche nella seconda parte del 2012. L'unico elemento che potrebbe arrestare questa fuga sarebbe il salvataggio messo in campo dalla BCE tramite l'immissione di liquidità. La cosa non sarebbe risolutiva, ma consentirebbe di prendere tempo. L'idea è che le banche europee siano in grande difficoltà e stiano decisamente peggio delle sorelle americane.
La conferma della giustezza delle valutazioni esposte sono dimostrate dalla situazione di alcune banche spagnole tra cui Bankia rappresenta il punto di non ritorno.
Il grafico in figura evidenzia chiaramente come le banche europee siano state vendute con decisione da parte dei grandi capitali in movimento.
In effetti la paura della situazione in deterioramento nella zona europea e dell'incognita Grecia, in particolare innalzano il rischio di esposizione nel settore bancario.
Questo trend continuerà finchè non si evidenzieranno delle possibili soluzioni a questo scenario.