Finanza

lunedì 11 febbraio 2013

L’ITALIA E’ UNA DITTATURA. PER QUESTO NON PUO’ CRESCERE

LO STATO E’ LO STRUMENTO ATTRAVERSO IL QUALE LA GENTE PENSA DI POTER VIVERE ALLE SPALLE DEGLI ALTRI

Questo aforisma di Frederic Bastiat, filosofo dell’800, in Italia poco conosciuto , non si studiano i filosofi scomodi,  si dovrebbe incorniciare per incisività, acume ed ampiezza del significato.

Quando uno stato non si limita a stabilire regole e a farle rispettare, ma diventa un attore economico che, in forma diretta, gestisce le aziende e l’indotto ad esse collegato si genera parassitismo, corruzione,  mediocrità, spesa fuori controllo e aumento della tassazione. In pratica, una forte limitazione della libertà ed un esercizio del potere dello stato che riduce in schiavitù le persone. Il risultato finale, accelerato in un mondo dinamico e concorrenziale, è uno sviluppo decrescente, una competitività ridotta, una bassa produttività ed una scarsa resilienza: una cronica incapacità ad affrontare i cambiamenti. Il declino ineluttabile.

Questo è quanto è accaduto e sta accadendo in Italia. Uno stato fondato sulla corruzione ed una politica che premia imprenditori mediocri perchè garantiscano loro il voto, e imprenditori che votano politici incapaci perchè gli concederanno favori. Un sistema che si auto alimenta e che impedisce a chi ha capacità e talento di competere regolarmente, su base meritocratica. E’ la suddivisione che in tempi non sospetti fece l’economista Luigi Zingales tra capitalismo di business e capitalismo di mercato. In Italia, abbiamo il capitalismo negativo di business, fondato sull’interesse personale, sull’aggiramento della libera competizione e sulla limitazione della libertà. Il capitalismo di mercato, invece, presuppone che a chiunque sia data una possibilità, indipendentemente dal colore politico, e che il risultato sia rapportato all’effettiva capacità dimostrata. Il capitalismo di mercato è sinonimo di entusiasmo, ottimismo, maggior innovazione e produttività ed un benessere per la maggioranza del popolo. E soprattutto di libertà e meritocrazia.

Il sistema Italia, ormai in metastasi, impedisce di fatto l’esercizio della libertà e priva ogni singolo individuo della possibilità di esprimere il proprio talento.
La libertà, è dimostrato, è la linfa vitale dello sviluppo e della crescita.
Nel rinascimento abbiamo avuto la massima espressione dell’arte, della scultura, della pittura, della scrittura e anche della finanza. Un’ubriacatura di genialita, di innovazione, di bellezza, di saggezza. Tutto questo è stato possibile grazie alla ad una concezione dell’uomo libero. Perchè solo una società libera è in grado di creare ricchezza e benessere.
Giannino usa le catene come metafora della nostra schiavitù e come rappresentazione dellla realtà del nostro quotidiano. Direi che ne ha ben donde.
La libertà dovrebbe essere un diritto di ogni cittadino e non un concetto di presunta illegalità come avviene in Italia.
La lbertà è prodromica alla differenziazione individuale creativa e positiva anzichè alla squallida omologazione tipica di un sistema totalitario o illiberale.

Ma entriamo nel merito.

Nell’ultima classifica internazionale siamo al 61° posto per la libertà di stampa. L’informazione è carente e di parte.
Il Financial Times, nel marzo 2012 , scriveva che Banca MPS era praticamente fallita e lo stato italiano avrebbe dovuto intervenire. Lo stesso giornale riportava come fonte l’EBA (European Banking Authority). I nostri giornali, nello stesso tempo, esaltavano gli utili aziendali conseguiti dal gruppo senese. Questa è  sicuramente  disinformazione , c’è da chiedersi quanto sia voluta o imposta .
Siamo un paese nel quale la presunzione di reato è diventato il fondamento delle nostre istituzioni.
L’onere della prova è stato invertito. Si rischia di essere arrestati senza prove. Infatti, il 50% dei carcerati viene poi assolto.
Nella maggior parte dei paesi d’Europa pagando il 25% di tasse reali si è dei cittadini-imprese modello, in Italia pagando il 40% si appartiene alla categoria dei delinquenti da perseguire. Già, perchè da noi si arriva anche a pagare il 68%. Se non è dittatura e tirannia il 68% di tasse........
Non siamo liberi di usare i nostri soldi. Addirittura c’è chi vorrebbe eliminare totalmente il contante quando nel nord europa, in Germania, in Inghilterra, in Svizzera non esistono limiti.  
Siamo continuamente intercettati nella comunicazione, ogni strumento tecnologico regalandoci una innegabile facilitazione ci pone purtroppo nella condizione del topo nel labirinto , con  il tutor per esempio controllano quante volte percorriamo una certa autostrada.  
Sfido chiunque a trovare spazi di libertà in Italia. Dobbiamo essere autorizzati a fare qualsiasi cosa. Esiste un permesso, una registrazione per tutto.
Il redditometro ci dice quanto e come dovremmo  spendere. E’ stabilito per legge, su base statistica.  Gli studi di settore ci dicono quante fatture dobbiamo emettere anche in tempo di crisi, affermi di averne emesse di meno ? Menti ! e se menti , truffi .  E l’onore della prova per difendersi da accuse infondate è sempre a carico del cittadino-imprenditore.  Lo stato sembra comportarsi ormai come dittatura : controlla tutto e tutti, si inserisce nella gestione diretta dell’economia, la manipola a suo uso e consumo. Una sanguisuga mortale che sta dissanguando il paese. Ci sono comuni ed enti che detengono partecipazioni in centinaia di società, ma di conflitto di interessi non si parla.   

In Italia ci sono circa 150.000 leggi negli altri paesi europei non si supera il numero di 10.000. 150.000 leggi eppure tutto è da interpretare , nulla è certo , sembrano  fatte appositamente perchè non esistano regole chiare e precise. Di fatto  questa montagna di leggi favorisce la corruzione, dall’appalto truccato all l’estromissione dagli affari delle persone-imprenditori onesti e dei talenti che consentirebbero di smascherare i raccomandati incapaci e i corrotti.
150.000 leggi creano solo confusione che si esplicita tramite una burocrazia indecente e macchinosa , che limita e ingarbuglia più che chiarire e indirizzare minando  alla base l’entusiasmo ,  la fiducia e la necessità di sostegno  che chiunque intraprenda ha come necessità primarie . I cavilli sono innumerevoli e portano all’ingiustizia che gli italiani ben conoscono.

Quando si va all’estero  e si ha confidenza con gli interlocutori,  l’Italia viene definita uno Stato di Polizia. E ribadiscono che il comportamento delle autorità italiane (in senso anti-liberale) non ha eguali nelle altre nazioni.

Gli italiani hanno le loro colpe
Tutto questo, purtroppo, non è colpa solo della politica, ma è colpa degli italiani. E’ colpa di un popolo abituato a subire.
L’italiano è rimasto quello che osannava la dittatura fascista, quello che avrebbe voluto annettere l’Italia alla dittatura comunista dello stato sovietico, quello che negli anni settanta ragionava ancora con quella mentalità che portava a slogan del tipo: non importa se mi viene espropriata la casa , l’importante è che la portino via ai ricchi e ai padroni. L’italiano medio studia poco e si informa ancora meno. Si accontenta di quanto gli viene propinato dal potere politico- finanziario e giornalistico..  

Questa è ancora l’Italia, quella che oggi si dichiara schifata dallo stato, ma che lo richiede per qualsiasi cosa: mi deve dare il lavoro, mi deve aiutare, deve intervenire, deve garantire. Quasi come se lo stato si dovesse occupare di tutto e come se dovesse dispensare soldi a tutti senza limiti.
Il cambiamento di cui ha bisogno l’Italia richiede che lo stato faccia un passo indietro, si faccia da parte, delegando ai singoli la responsabilità di se stessi. Le persone crescono quando diventano responsabili del loro destino e vanno per strada da soli, non quando sono assistiti e accompagnati per mano.

Invece, no. La gente vuole solo certezze che non esistono. Ho lavorato per anni con contratti di collaborazione da me scelti. Secondo la mentalità italiana ero un precario sfruttato. La vita è un precariato continuo. Il problema è che gli italiani si lamentano dei furbi e dei raccomandati perchè vorrebbero essere al loro posto, non è vera indignazione. Troppo spesso, vorrebbero godere di quei privilegi e di quei vantaggi.

E’ giusto ricordare che dai sondaggi emerge che il 35% degli elettori vota il partito. A prescindere da persone, da fatti, da programmi.  Questo è un dato inquietante per l’Italia. Il 35% si rifiuta di ascoltare, capire, confrontarsi, ragionare ed eventualmente cambiare idea. Mettere in discussione se stessi e le proprie idee.  Come se il livello di sviluppo si fosse fermato all’australopithecus africanus senza che avvenisse il passaggio successivo dell’evoluzione alla condizione di Homo sapiens.

Sono gli italiani il vero problema, la politica è la rappresentazione del proprio popolo. Credere che basti cambiare qualche politico per cambiare l’Italia è pia illusione. Molti dei cambiamenti di cui necessita il nostro paese sono ancora ostici  agli italiani. Sono in grado di recepirli e di accettarli per gli altri, ma non per sè. E’ la mentalità che va cambiata. E questo, purtroppo, richiede tempo.

La direzione che oggi ci serve intraprendere può essere riassunta in un concetto espresso da vari filosofi:
Lo stato è un male necessario. E’ un male perchè limita sempre la libertà degli individui; necessario perchè chi è incline al male ha bisogno della giustizia dello stato. Ma essendo un male lo stato deve essere ridotto al minimo. Significa che il suo potere deve essere limitato e   non deve svolgere compiti e funzioni che il privato può e deve svolgere da solo. Non deve gestire e provvedere a nulla che i privati non siano in grado di gestire da soli.

Per l’Italia, in particolare, questa concezione sarebbe una rivoluzione culturale epocale. Ma se non ne saremo capaci (velocemente)  il declino sarà l’unico futuro che avremo.

Nicola Mastropietro

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