Finanza

mercoledì 8 gennaio 2014

L'INGHILTERRA E' LA VERA LOCOMOTIVA D'EUROPA: ECCO PERCHE’

La Gran Bretagna di Cameron-Osborne nel 2010 diede inizio ad un progetto che provocò scalpore. Molti furono gli sberleffi che il mondo occidentale, dato che dall’alto della presunzione insita nell’intellettuale europeo si considerava assurda la manovra inglese, dedicò ai governanti inglesi . Anche molti economisti ben conosciuti, ritenevano un disastro annunciato la soluzione inglese.  


Oggi, il duo Cmeron-Osborne si prende la sua rivincita: e che rivincita. Ovviamente è uno smacco per i paesi social-comunista occidentali e, quindi, i media danno poco spazio ai meriti inglesi. Meglio far finta di niente e continuare a sbandierare le solite inutili nefandezze europee e italiche.
Ma andiamo ai numeri che sono ben più probanti di qualsiasi parola, idea o concetto pseudo filosofico. Numeri che non hanno abbisognato della droga di 3000 miliardi di iniezione di liquidità stile Usa.
Nella primavera-estate del 2013 la Gran Bretagna, a sentire gli intelletuali di cui sopra, sembrava sull'orlo di una nuova recessione, le agenzie di rating le toglievano la tripla A e gli economisti ( i soliti noti, ma che van per la maggiore) criticavano l'eccessiva austerità imposta da Londra.
Ma proprio quando l’attacco si faceva più forte e spavaldo ecco affiorare i risultati dell’operato inglese. Iniziati, quasi perchè la vendetta fosse ancor più di soddisfazione,  proprio nell’estate e consolidatisi in autunno. Con la previsione, oramai, unanime di essere (oltre che nel 2013) anche nel 2014 il miglior paese occidentale. Nella Gran Bretagna libera dai vincoli e dalle regole UE che ha voluto seguire una propria linea  i prezzi delle case stanno aumentando ai livelli massimi dal 2006 ( vi è un forte rischio bolla). Non solo a Londra ma in tutto il Paese. L'inflazione, pur sopra il tasso sperato è scesa di un punto al 2,8 per cento.
Nel 2013 la crescita del Pil è stata del 1,4% (oltre qualsiasi previsione di inizio anno) la migliore d’Europa, e nel 2014 le previsioni sono per una crescita del 2,4 % per il governo inglese, ma del 2,7% per le maggiori società di analisi a partire dal Goldman Sachs. La crescita non è avvenuta solo nei servizi, ma anche nel manifatturiero. La fiducia dei consumatori è elevata. Anche il consenso per la politica adottata che era, inizialmente, ai minimi termini, oggi, è su livelli elevati. Le esportazioni sono in continuo aumento. Gli inglesi sono i maggior acquirenti di automobili di tutta Europa. L’immobiliare ha preso il volo. Aziende in aumento, capitali in entrata e qualche segnale positivo sull’occupazione sono la conseguenza della giusta direzione intrapresa.
In pratica, le performance migliori del mondo occidentale. Le previsioni fatte da una società di ricerca internazionale ( è giusto dire che tale società ha la sede a Londra) ipotizzano che entro il 2030, grazie a questa impostazione, l’Inghilterra supererà la Germania. Per i più scettici ricordiamo che le riforme della Thatcher provocarono effetti positivi fino ai primi anni novanta. Perchè le vere riforme (rivoluzioni) hanno effetto anche nel medio-lungo periodo. Un’onda lunga.


Secondo l'Ufficio nazionale di statistica (Ons), per la prima volta dal 1992 tutti e tredici i componenti dell'indice manufatturiero sono in crescita, mentre il settore dei servizi è ai massimi da sei anni.
Ma quali sono le politiche adottate che hanno generato un percorso simile a quello che rese celebre Margaret Thatcher ?


  • Fortissima spending review. La riduzione di spesa prevede importi che vanno oltre i 200 miliardi di sterline. Tali da portare la spesa pubblica da un’incidenza di circa il 50% del pil al 35-40% quando sarà terminato il progetto di tagli alla spesa. I ministeri avevano Budget di riduzioni di spesa oscillante tra il 20% e il 30%. Sono stati talmente coinvolti che hanno risparmiato 7 miliardi in più di quanto richiesto. Ne dovranno risparmiare altri 3 prossimamente.
  • Tale riduzione ha consentito di apportare un forte taglio alle tasse. In pochi anni sono state portate a ridosso del 20%. Secondo il governo, alzare le tasse sulle imprese colpisce gli investimenti, riduce la produttività e infine riduce anche le entrate. Con la politica adottatta la metà del gettito perso per la riduzione delle tasse è già stata recuperata grazie allo sviluppo e alla crescita (sia di pil che di numero di aziende) che il taglio ha generato.
  • Maggior flessibilità nel rapporto di lavoro, possibilità di assumere per tempi limitati (quasi a commessa) senza vincoli e limiti di qualsiasi tipo. L’idea, ribadita in un convegno autunnale, è quella di far passare il messaggio che non si può vivere con i benefici dello stato: solo le imprese sono in grado di dare lavoro. Se si vuole il sussidio di disoccupazione si è obbligati ad effettuare lavori sociali e aggiornamenti professionali.
  • La Gran Bretagna sta attirando capitali. Per fare questo il governo inglese è convinto che si debba ridurre lo stato sociale. Sono convinti che tale intervento consente di ridurre le tasse ed essere una nazione competitiva e conveniente. In questo modo conviene venire a portare capitali, fare azienda e creare lavoro. In alternativa, i capitali e le imprese andranno altrove e di lavoro, alla fine, non ce ne sarà per nessuno.
  • Osborne ha ideato il programma di grande successo “Help to buy” per gli acquirenti di prima casa. L'offerta di un prestito senza interessi pari al 20% del valore di un nuovo immobile a chi può pagare un deposito del 5% ha fatto da volano alla domanda. Questo ha fatto da traino al settore e, quindi, all’indotto.
  • Inoltre, ha creato un fondo da 100 miliardi per finanziare le PMI; dopo quasi un anno sta dando i suoi frutti. Tale denaro è stato girato alle banche con l’obbligo vincolante di essere utilizzato esclusivamente per la concessione di prestiti alle PMI. Per aiutare le aziende in difficoltà che avevano difficoltà nell’accesso al credito.
  • Il piano Inglese prevede la riduzione di 1 milione di posti di lavoro nel settore pubblico e la creazione di 3 milioni di posti di lavoro nel settore privato entro il 2019. Questo grazie all’insieme di politiche messe in atto dal governo. Tale piano è già iniziato.
  • La pensione arriverà nel 2035 a 68 anni.
  • Verrà introdotta una tassa sul capital gain per le abitazioni non di prima casa possedute dagli stranieri.
  • L’idea della tobin tax adottatta da Italia e Francia si sta dimostrando un disastro generando una fuga di capitali con riduzione degli scanbi (del 25% in Italia) e con un ritorno in termini di entrate corrispondente a circa il 20% di quanto ci si aspettasse a preventivo. Osborne prevede di non adottare la tobin tax, anzi,  toglierà la tassa simile al nostro fissato bollato sugli ETF (exchange trade fund) per aumentare gli scambi e, quindi, i capitali sugli indici ( quindi sulle aziende) inglesi. Gli introiti di tale tassa verranno recuperati con gli interessi con i maggior apporti di capitale e aziende.
  • Il debito pubblico è all’80% ( non al 134%) e scenderà dal 2015, il deficit è del 6,8%, ma è diminuito dello 0,8% nel 2013. Si prevede  che l’effetto delle politiche adottate porterà entro il 2018 ad un surplus di bilancio. Tornando ai tempi dell’epoca Thatcher.
  • I futuri surplus di bilancio dovranno andare ad abbattere il debito; la spesa globale per il welfare (pensioni escluse) avrà un tetto fisso e non "valicabile" garantito dal Parlamento.



Ci sono altri interventi importanti come, ad esempio, gli accordi con la Cina fatti dalla city, la politica dell’immigrazione e altro ancora. Direi, però, che quelli sopra citati siano gli argomento fondamentali.
Questo progetto e la dimostrata capacità di attuare in termini reali quanto dichiarato ha portato l’Inghilterra ad avere credibilità sui mercati. E’ stata ripagata con  l’apporto di capitali e, quindi, di fiducia. Lo dimostra, la rivalutazione dell’Euro nei confronti di tutte le monete (dollaro compreso) tranne che nel rapporto con la sterlina che, invece, mantiene un rapporto stabile. Ma lo dimostra anche lo spread. Il loro titolo decennale rende solo 100 punti più del decennale tedesco anzichè i 220 italiani. E’ chiaro che attuare tale politica significa avere coraggio, forza, convinzione e, significa, assumersi dei rischi. Oggi, il maggior rischio è rappresentato dall’eplosione di una possibile bolla immobiliare che potrebbe creare dei rallentamenti nel progetto. L’altro problema è dovuto all’eccessivo debito privato che rimane ancora elevato. Ma non per questo si resta fermi.


Mi sembra che ci sia abbastanza carne al fuoco per capire nella pratica perchè l’Italia non può crescere e non lo potrà nemmeno nei prossimi anni. Siamo in un declino inesorabile, ma la colpa è solo nostra non di altri come fa comodo ( a tanti, a troppi ) far credere. Ammesso e non concesso che domani mattina il nostro governo inizi ad attuare un piano che si avvicini a quanto fatto nella vecchia Albione sarebbero necessari almeno 2 anni per vederne gli effetti. Visto dove siamo e la deficitaria mentalità italiana credo che solo un miracolo potrebbe salvarci, ma la speranza è sempre l’ultima a morire. D’altronde è da un’pò che di miracoli non se ne vedono. Magari è la volta buona. Attendiamo fiduciosi.


Nicola Mastropietro

lunedì 9 dicembre 2013

Banca Carige non rimborsa un'obbligazione

Crisi sistema bancario ItaliaLe nostre banche sono in difficoltà, ma la comunicazione mediatica continua a proporre messaggi che vorrebbero dimostrare quanto i nostri istituti siano affidabili.

E’ passato in sordina il fatto che, a settembre, MPS non abbia pagato le cedole di tre obbligazioni.....continua

venerdì 29 novembre 2013

Roubini ha parlato al lugano fund forum

Lunedì 25 novembre ho partecipato al Lugano fund forum, Il convegno che in due giorni offre l'opportunità di incontrare esponenti dell'economia e della finanza e di ascoltarne le previsioni per il futuro.

E' chiaro che l'attrattiva è stata la presenza di Nouriel Roubini.
Il famoso economista si è guadagnato fama e onori quando, in contrasto con i suoi colleghi, fin dal 2006 predisse la crisi epocale che dal 2008 imperversa nell'economie occidentali. Si è guadagnato anche l'appellativo di cassandra.

Roubini ha spaziato a 360° per un'ora circa. Da giappone, Usa ed Europa. Paesi emergenti, oro e materie prime, valute.

In sintesi è andata delusa l'aspettativa, anche un'pò sadica, di chi pregustava scenari catastrofici evocati da Roubini. Invece di un mondo sull'orlo del tracollo ne è emerso un quadro più rassicurante, almeno nel breve.

Certo, ha evidenziato le criticità presenti sui mercati e non ha tralasciato l'indebitamento eccessivo che potrebbero anche improvvisamente cambianre il quadro descritto, ma in complesso un Roubini moderato e quasi positivo. Italia a parte, ovviamente. 

Ha sorpreso la fiducia riposta nel Giappone. Ritiene, il paese, in crescita e con performance borsistiche che potrebbero raggiungere la doppia cifra.
Ma, in generale, ritiene che l'economia mondiale sia sostenuta dalla liquidità e dall'azione delle banche centrali e, quindi, sia in crescita. Gli effetti sugli Usa e sull'Europa (in tono minore) si vedono e continueranno a farsi sentire positivamente. Ci tiene a specificare che tali effetti non saranno sufficienti per contribuire a far uscire i paesi periferici (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo) dalla stagnazione nella quale si trovano.

In particolare, ritiene che l'Italia non beneficierà della liquidità che inonda il mondo e non sarà trainata dalla crescita di altri paesi. Secondo Roubini non ha nessuna possibilità nei prossimi anni di risollevarsi. Considera la situazione insostenibile e, forse, non guaribile. Tale contesto accomuna i paesi periferici del sud Europa, con l'aggiunta di un rischio francese in futuro.
Per queste motivazioni, crede che l'Euro, senza indicarne i tempi, possa anche finire.
E' convinto, invece, che i paesi emergenti, quelli che non hanno problemi di credito, possano continuare a crescere e a fungere da traino all'economia mondiale.
Il dollaro viene visto in aumento. Crede poco al tapering come azione shock. Piuttosto pensa che sarà fatto in modo graduale. Tale da non influire negativamente sull'economia e sui mercati.

L'oro potrebbe scendere fino a 1000 dollari all'oncia prima di ripartire, mentre il rame ed altri metalli sono visti positivamente.

Roubini ha parlato; ai posteri l'ardua sentenza.














mercoledì 27 novembre 2013

SHELL Italia in vendita e E.ON pensa ad andarsene

Ancora una volta dobbiamo continuare l'elenco delle aziende che hanno deciso di abbandonare l'Italia o che stanno pensando di andarsene.

E' il caso della Shell che ha messo in vendita la rete dei distributori posti sul territorio italiani. L'operazione è lunga è difficile perchè trovare chi voglia investire nel nostro paese non è semplice.
Ci sta provando da questa estate perchè la decisione è già stata irrevocabilmente presa.

Un altro operatore internazionale, tedesco in questo caso, ha deciso di andarsene. Si tratta di E.ON azienda teutonica del settore dell'energia. La E.ON  potrebbe mettere in vendita la controllata Olt (rigassificatore innovativo in sperimentazione a Livorno) e la partecipazione importante nel gasdotto Tap che avrebbe dovuto essere un hub del gas per tutta Europa.

E' chiaro che più andrà avanti questo governo di inetti e di squallidi politicanti e più le imprese
straniere abbandoneranno il nostro paese; per perdita di speranze sulle possibilità future e per presa d'atto della politica completamente inadeguata ed incapace di riformare il sistema Italia.

Solo aziende cinesi e di qualche altro paese asiatico possono essere ( ancora per poco) interessate alle nostre imprese e ad investire sull'Italia. Lo fanno, spesso, sia per alcune capacità artigianali da acquisire (marchi compresi) difficilmente riproducibili, ma, soprattutto, per il bisogno di avere un punto d'entrata per il mercato europeo. Un punto, per di più, a basso prezzo che gli consente di operare in modo simile a come operano nei loro paesi.

Abbiamo veramente poco tempo per cambiare direzione, o forse non c'è nemmeno più tempo.
Tanto vale un fallimento guidato anzichè un'agonia perenne.

sabato 9 novembre 2013

ANCHE ROLAND CORPORATION CHIUDE LA SEDE ITALIANA, MA AMAZON APRE UN MAGAZZINO IN ITALIA


Anche il colosso nipponico dell'elettronica appilcata agli strumenti Roland Corporation, lascia l'Italia. Dopo 35 anni, 20 milioni di fatturato, 150 dipendenti e dopo aver servito icone come i Queen e Bon Jovi, la direzione giapponese ha deciso la chiusura. La causa è dovta al calo del fatturato e alla concorrenza asiatica. Sono 150 i dipendenti che saranno in difficoltà. Ancora una volta, il nostro paese è vittima dell'incapacità di adattarsi al mondo che cambia, che concorre, e che incombe su di noi. Incapace di attirare e trattenere capitali, aziende, investimenti.

Per consolarci un segnale positivo arriva da Amazon. Il colosso americano delle vendite on line ha deciso di aprire un magazzino sul nostro territorio e assumerà decine di persone, forse 100.
Questo è dovuto al fatto che anche gli italiani, nonostante sembra non ci creda nessuno, comprano online e comprano talmente tanto da far decidere il maggior competitor del mercato ad aprire in Italia un punto di appoggio.

Ciò che deve far pensare è dovuto al fatto che le nostre aziende sono ancora restie ad utilizzare e, soprattutto, ad investire su uno strumento che sembra alle nostre imprese lontano dalla realtà e dedicato solo ad alcuni prodotti.

Anche questo dimostra che al di là dell'Europa, dell'euro, del debito e di tanti altri aspetti tecnici sono la mentalità e la cultura di un paese a fare la differenza. La nostra incapacità di evolvere e di lasciare il percorso conosciuto per strade più tortuose, ma che rappresentano il nuovo che avanza ineluttabilmente è il problema più inquietante che dobbiamo affrontare. La vera sfida che consentirà all'Italia di superare l'impasse in cui si trova è cambiare, il resto è relativo. Dobbiamo cambiare approccio su quasi tutto, questa è l'unica via d'uscita, altrimenti il nostro declino sarà inevitabile.